Catrame
2019-05-26 07:06:35 UTC
la legge di Mosè basata sui dieci comandamenti ricevuti da dio sul monte
Sinai rappresentano bene il quadro di una società abberrante che fu
quella degli israeliti.
Innanzi tutto la chiave per interpretare tette le leggi è l'ultima:
"Non desiderare la casa del tuo prossimo. Non desiderare la moglie del
tuo prossimo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il
suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo."
Dunque le leggi sono rivolte solo ad una parte della popolazione: i
maschi adulti non schiavi. Si capisce dunque che la società israelitica
partiva da una base maschilista patriarcale e schiavista. Donne bambini
schiavi e animali, non erano considerati parte attiva della società e
contribuivano solo al patrimonio dei patriarchi.
Oltre che una società patriarcale e schiavista, era anche di idolatri
dato che le prime 5 leggi si riferiscono proprio all'esclusività
dell'adorazione del dio unico. In una società di idolatri tutta le cose
più preziose vengono dedicate alle divinità. Per cui il decalogo non è
altra cosa che un contratto capestro di esclusività delle offerte
religiose, cioè in pratica ogni ricchezza prodotta deve teoricamente
finire nelle mani della casta sacerdotale del dio unico. All'ebreo viene
negata la possibilità di scegliersi i propri dei protettori.
Infine vengono negati alcuni diritti naturali dell'essere umano, come la
difesa personale dato dai comandamenti di non uccidere e non rubare, e
il divieto ad avere una sessualità libera, condannando i trasgressori
alla punizione divina. Anche queste regole riflettono una società
fondata sulla schiavitù al servizio della casta sacerdotale. Mentre
nelle altre società schiaviste contemporanee, invece si esaltavano
l'autodifesa e il valore del guerriero in base al bottino predato, al
numero dei nemici uccisi e delle donne stuprate.
Il decalogo non fa altro che confermare il racconto biblico dell'Esodo
in cui un popolo semita di schiavi viene sviato dalla sua terra in
Egitto, per essere trasferito lontano ridotti a pecoroni indifesi e al
servizio della casta sacerdotale.
Sinai rappresentano bene il quadro di una società abberrante che fu
quella degli israeliti.
Innanzi tutto la chiave per interpretare tette le leggi è l'ultima:
"Non desiderare la casa del tuo prossimo. Non desiderare la moglie del
tuo prossimo, né il suo schiavo, né la sua schiava, né il suo bue, né il
suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo."
Dunque le leggi sono rivolte solo ad una parte della popolazione: i
maschi adulti non schiavi. Si capisce dunque che la società israelitica
partiva da una base maschilista patriarcale e schiavista. Donne bambini
schiavi e animali, non erano considerati parte attiva della società e
contribuivano solo al patrimonio dei patriarchi.
Oltre che una società patriarcale e schiavista, era anche di idolatri
dato che le prime 5 leggi si riferiscono proprio all'esclusività
dell'adorazione del dio unico. In una società di idolatri tutta le cose
più preziose vengono dedicate alle divinità. Per cui il decalogo non è
altra cosa che un contratto capestro di esclusività delle offerte
religiose, cioè in pratica ogni ricchezza prodotta deve teoricamente
finire nelle mani della casta sacerdotale del dio unico. All'ebreo viene
negata la possibilità di scegliersi i propri dei protettori.
Infine vengono negati alcuni diritti naturali dell'essere umano, come la
difesa personale dato dai comandamenti di non uccidere e non rubare, e
il divieto ad avere una sessualità libera, condannando i trasgressori
alla punizione divina. Anche queste regole riflettono una società
fondata sulla schiavitù al servizio della casta sacerdotale. Mentre
nelle altre società schiaviste contemporanee, invece si esaltavano
l'autodifesa e il valore del guerriero in base al bottino predato, al
numero dei nemici uccisi e delle donne stuprate.
Il decalogo non fa altro che confermare il racconto biblico dell'Esodo
in cui un popolo semita di schiavi viene sviato dalla sua terra in
Egitto, per essere trasferito lontano ridotti a pecoroni indifesi e al
servizio della casta sacerdotale.