Post by nexusMatteo 5, 1-12
[1]Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si
avvicinarono i suoi discepoli. [2]Prendendo allora la parola, li ammaestrava
[3]"Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
[4]Beati gli afflitti, perché saranno consolati.
[5]Beati i miti, perché erediteranno la terra.
[6]Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno
saziati.
[7]Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
[8]Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
[9]Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.
[10]Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il
regno dei cieli.
[11]Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo,
diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.
[12]Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei
cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi.
Ecco cos'è un cristiano! Sia lode a DIO!
dal Manifesto del 3 Ottobre 1998
Costituito il 10 aprile 1941 lo Stato Indipendente Croato, cioè il regime
ustascia di Ante Pavelic, fu immediatamente posta in atto una mostruosa
crociata volta al totale sterminio dei serbi ortodossi, degli ebrei e dei
Rom, gli zingari. Nel corso di quattro anni vennero sterminati all'incirca
un milione di esseri umani in una maniera così feroce che non ha avuto
eguali, per le modalità, in tutto il corso della seconda guerra mondiale. Se
l'atroce sterminio di sei milioni di ebrei avvenne nel chiuso dei campi, e
per i più la constatazione dell'Olocausto ebbe luogo solo alla fine del
conflitto, i massacri ustascia furono invece posti in atto con la maggiore
pubblicità di fronte agli occhi di tutti: nelle strade, nelle piazze, nelle
campagne. I torturatori si facevano un vanto di essere ripresi dalle
macchine fotografiche nell'atto di uccidere le vittime. Mentre i vescovi
tedeschi sostennero sempre di essere stati all'oscuro degli avvenimenti, lo
stesso non si può dire dell'episcopato croato, dell'"Ambasciatore Vaticano",
Monsignor Ramiro Marcone e dell'Arcivescovo Stepinac. Il numero delle
vittime varia da settecentomila ad un milione. L'Enciclopedia Britannica
riporta settecentomila, secondo il rapporto redatto dal Sottosegretario di
Stato Usa Stuart Eizenstadt nel giugno 1998, inerente l'oro predato alle
vittime degli ustascia e nascosto - secondo il rapporto stesso - in
Vaticano, sono sempre settecentomila, per l'autore si aggirano intorno al
milione. Andrjia Artukovic, Ministro degli Interni dello Stato Croato
Indipendente e capo di tutti i campi di sterminio, affermò al suo processo
che nel solo campo di Jasenovac i trucidati furono settecentomila. L'orrore
della crociata diventa ancora più fosco quando si considera la
partecipazione fisica ai massacri di centinaia di preti e frati, in
particolare i monaci francescani. Secondo la politica ustascia, i serbi
dovevano essere tutti convertiti al cattolicesimo. Il Ministro Mile Budak
affermò a proposito dei serbi "... un terzo lo convertiremo, un terzo lo
uccideremo, un terzo verrà rimandato in Serbia".
A capo del campo di sterminio di Jasenovac, vi fu per un certo periodo il
frate francescano, Filipovic-Majstorovic, detto Frà Satana. Al suo processo
si vantò di aver ucciso oltre quarantamila prigionieri. Gli successe alla
guida del campo un altro religioso. Nel mio saggio indico i nomi di circa
160 religiosi, colpevoli di partecipazione diretta all'eccidio, ma furono
molti di più. Il Resto del Carlino, quotidiano bolognese, in due articoli
del 18 e 22 settembre 1941, in pieno periodo fascista, pubblicò a firma di
Corrado Zoli due articoli nei quali, inorridito, narrava gli eccidi commessi
dai francescani. Altre testimonianze oculari, quelle degli appartenenti
all'esercito italiano, la maggior parte delle quali accessibili a tutti
conservate negli archivi dello Stato Maggiore - Ufficio Storico.
L'Arcivescovo Alojs Stepinac accolse con calore l'arrivo di Ante Pavelic, il
Poglavnik (duce), ordinando che fosse cantato il Te Deum in tutte le chiese
dello stato e diffondendo una lettera pastorale che incitava ad appoggiare
il nuovo Stato perché esso "... rappresenta la Santa Chiesa Cattolica ...".
La Pastorale di totale appoggio al regime di Pavelic vedeva la luce quando
già le prime notizie di massacri si erano diffuse e Galeazzo Ciano, Ministro
degli Esteri Italiano e genero del Duce, annotava nel suo diario, il 28
aprile 1941, "... spoliazioni, rapine, uccisioni sono all'ordine del
giorno". Il 26 giugno 1941, Ante Pavelic, che aveva già al suo attivo il
massacro di 180 mila tra serbi ed ebrei, compresi tre vescovi e oltre cento
pope ortodossi, concedeva udienza all'episcopato cattolico e, anche in
quell'occasione, Stepinac non mancava di esternare lodi per il Poglavnik
come documentato dai periodici cattolici, "Katolicki List" e "Hrvatski
Narod" del 30 giugno 1941. Da ricordare che il 17 maggio precedente, Ante
Pavelic, accompagnato da 120 ustascia in divisa, era stato ricevuto a Roma
da Papa Pio XII. Alla fine dell'anno, l'Arcivescovo, che precedentemente con
altri 11 religiosi cattolici era stato nominato deputato al Parlamento
Croato, riceve la carica di capo dei cappellani delle Forze Ustascia. Più
tardi riceverà anche un'altra onorificenza ustascia. Superfluo aggiungere
che mai condannerà le efferatezze compiute davanti ai suoi occhi da
individui con i quali per quattro lunghi anni intratterrà cordiali rapporti.
Nell'aprile del 1945, gli ustascia in fuga depositano, per ordine di
Pavelic, tutti gli atti e i documenti governativi, oltre ad oro gioielli e
preziosi rubati alle vittime serbe ed ebree, nell'Arcivescovado di Zagabria,
dove verranno nascosti e scoperti dopo alcuni mesi dalle autorità del Nuovo
Stato Jugoslavo.
Stepinac non punì mai - naturalmente in maniera ecclesiastica - i sacerdoti
che si erano resi colpevoli di delitti, non proibì ai cappellani ustascia di
continuare - quanto meno - ad essere testimoni di crimini, né vietò alla
stampa cattolica la continua esaltazione del regime e delle sue leggi, e
tanto meno censurò pubblicamente un regime reo di siffatte scelleratezze.
Qualche apologeta ha scritto in questi giorni che Stepinac elevò alcune
proteste contro, si badi bene, le modalità della conversioni ma
non,l'affermo recisamente contro i massacri. Mi chiedo se, di fronte ad un
eccidio di tale proporzione e nefandezza, per di più non isolato ma commisto
ad infiniti altri si possa tacere e non esprimere lo sdegno di uomo di
chiesa verso tali assassini. Mi chiedo come si possa assistere a cerimonie
cui presenziano criminali conclamati e i loro capi senza rendersi conto di
dare con la propria presenza un sostegno di fatto a quel regime sanguinario.
Da non dimenticare che il sostegno fu anche dato, dopo la costituzione del
Nuovo Stato Jugoslavo alla fine della guerra, alle attività clandestine di
terrorismo condotte dagli ustascia che si erano dati alla macchia e dei
quali benedì, dentro l'Arcivescovado, alcuni gagliardetti. Infatti,
rientrato clandestinamente a Zagabria l'ex capo della polizia ustascia,
Lisak, al fine di svolgere un'attività di terrorismo contro la Federazione,
appena composta, l'Arcivescovo lo nascose nel suo palazzo, come dichiarato
durante il processo dallo stesso Lisak.
Stepinac non fu certamente un martire. Lo stesso Tito chiese a Monsignor
Patrizio Hurley, rappresentante ufficiale del Vaticano, di richiamare a Roma
l'Arcivescovo, non desiderando una rottura con la Santa Sede, altrimenti
avrebbe dovuto arrestarlo, come riportato dall'Unità del 7 novembre 1946 in
relazione ad un colloquio fra Tito e Togliatti.
No. Stepinac non fu un martire. Chi scrive, pur avendo visionato migliaia di
atti, non ne ha mai trovato uno dove l'Arcivescovo manifestasse la sua pietà
per i tanti innocenti trucidati, fra i quali i migliaia di donne e bambini;
non ha mai trovato la fiera condanna del Presule per l'uccisione barbara dei
vescovi e dei preti ortodossi, nonché dei rabbini: sarebbe stato un gesto di
carità cristiana di amore verso il prossimo in un contesto dove imperversava
il "Male". No. Questo, Alojis Stepinac non lo fece. Seguitò le sue
frequentazioni con i criminali, che in seguito, aiutò a fuggire. Condannato
a sedici anni di carcere, fu posto, dopo quattro anni di detenzione, agli
arresti domiciliari nel suo paese natale. Morì nel suo letto. Pochi giorni
or sono il Centro Simon Wiesenthal ha chiesto al Papa di soprassedere alla
beatificazione fino a che non fossero stati meglio accertati i fatti.
Oggi, a Zagabria, Giovanni Paolo II beatifica Alojis Stepinac. Nella
teologia cattolica, la santità è il complesso delle perfezioni morali.
Propria di Dio in senso assoluto, e, in grado diverso, delle persone che
hanno riprodotto in qualche modo la perfezione divina e che hanno modellato
la loro vita ad imitazione di quella. Non ci sembra il caso del Cardinale
Stepinac.
* Autore di "Le Génocide occulté, Etat Indépendant de Croatie 1941-1945",
edito in questi giorni da l'Age d'Homme-Losanna e presentato a Parigi una
settimana fa.