Lori
2008-12-27 10:37:40 UTC
Cari amici, ho pensato di proporvi quello che Benedetto XVI ha detto al
mondo intero nella Messa di mezzanotte di Natale.
Ho pensato male? Prima di rispondere aspettate e leggete!
Io vi ho trovato le più esaurienti risposte a tanti vostri interventi.
Lo so, non è facile leggere e capire in tutta la sua profondità
un'omelia tanto importante, ma sono certa che almeno qualche briciola
della sapienza del nostro Papa possiamo averla tutti.
Io cercherò di snellire qua e là almeno un po'.
Voi, se potete, leggete con almeno un po' con attenzione.
Sempre con lo stesso affetto in Gesù e nella sua e nostra Madre. Lori
---------------
<<"Chi è pari al Signore nostro Dio che siede nell'alto e si china a
guardare nei cieli e sulla terra?"
Così canta Israele in uno dei suoi Salmi (113 [112], 5s), in cui esalta
insieme la grandezza di Dio e la sua benevola vicinanza agli uomini.
Dio dimora nell'alto, ma si china verso il basso.
Dio è immensamente grande e di gran lunga al di sopra di noi.
È questa la prima esperienza dell'uomo. La distanza sembra infinita.
Il Creatore dell'universo, Colui che guida il tutto, è molto lontano da
noi: così sembra inizialmente.
Ma poi viene l'esperienza sorprendente: Colui al quale nessuno è pari,
che "siede nell'alto", Questi guarda verso il basso. Si china in giù.
Egli vede noi e vede me. Questo guardare in giù di Dio è più di uno
sguardo dall'alto. Il guardare di Dio è un agire. Il fatto che Egli mi
vede, mi guarda, trasforma me e il mondo intorno a me.
Così il Salmo continua immediatamente: "Solleva l'indigente dalla
polvere." Con il suo guardare in giù Egli mi solleva, benevolmente mi
prende per mano e mi aiuta a salire, proprio io, dal basso verso l'alto.
"Dio si china". Questa parola è una parola profetica.
Nella notte di Betlemme, essa ha acquistato un significato
completamente nuovo. Il chinarsi di Dio ha assunto un realismo inaudito
e prima inimmaginabile. Egli si china - viene, proprio Lui, come bimbo
giù fin nella miseria della stalla, simbolo di ogni necessità e stato di
abbandono degli uomini. Dio scende realmente. Diventa un bambino e si
mette nella condizione di dipendenza totale che è propria di un essere
umano appena nato. Il Creatore che tutto tiene nelle sue mani, dal quale
noi tutti dipendiamo, si fa piccolo e bisognoso dell'amore umano.
Dio è nella stalla.
Nell'Antico Testamento il tempio era considerato quasi come lo sgabello
dei piedi di Dio; l'arca sacra come il luogo in cui Egli, in modo
misterioso, era presente in mezzo agli uomini. Così si sapeva che sopra
il tempio, nascostamente, stava la nube della gloria di Dio.
Ora essa sta sopra la stalla.
Dio è nella nube della miseria di un bimbo senza albergo: che nube
impenetrabile e tuttavia - nube della gloria!
In che modo, infatti, la sua predilezione per l'uomo, la sua
preoccupazione per lui potrebbe apparire più grande e più pura?
La nube del nascondimento, della povertà del bambino totalmente
bisognoso dell'amore, è allo stesso tempo la nube della gloria.
Perché niente può essere più sublime, più grande dell'amore che in
questa maniera si china, discende, si rende dipendente.
La gloria del vero Dio diventa visibile quando ci si aprono gli occhi
del cuore davanti alla stalla di Betlemme.
Il racconto del Natale secondo san Luca... ci narra che Dio ha un po'
sollevato il velo del suo nascondimento dapprima davanti a persone di
condizione molto bassa, davanti a persone che nella grande società erano
piuttosto disprezzate: davanti ai pastori che nei campi intorno a
Betlemme facevano la guardia agli animali.
Luca ci dice che queste persone "vegliavano"....
Erano persone veramente vigilanti, nelle quali il senso di Dio e della
sua vicinanza era vivo. Persone che erano in attesa di Dio e non si
rassegnavano all'apparente lontananza di Lui nella vita di ogni giorno.
Ad un cuore vigilante può essere rivolto il messaggio della grande
gioia: in questa notte è nato per voi il Salvatore.
Solo il cuore vigilante è capace di credere al messaggio.
Solo il cuore vigilante può infondere il coraggio di incamminarsi per
trovare Dio nelle condizioni di un bambino nella stalla.
Preghiamo il Signore affinché aiuti anche noi a diventare persone vigilanti.
San Luca ci racconta inoltre che i pastori stessi erano "avvolti" dalla
gloria di Dio, dalla nube di luce, si trovavano nell'intimo splendore di
questa gloria. Avvolti dalla nube santa ascoltano il canto di lode degli
angeli: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini
della sua benevolenza".
E chi sono questi uomini della sua benevolenza se non i piccoli, i
vigilanti, quelli che sono in attesa, sperano nella bontà di Dio e lo
cercano guardando verso di Lui da lontano?
Nei Padri della Chiesa si può trovare un commento sorprendente circa il
canto con cui gli angeli salutano il Redentore. Fino a quel momento -
dicono i Padri - gli angeli avevano conosciuto Dio nella grandezza
dell'universo, nella logica e nella bellezza del cosmo che provengono da
Lui e Lo rispecchiano. Avevano accolto, per così dire, il muto canto di
lode della creazione e l'avevano trasformato in musica del cielo.
Ma ora era accaduta una cosa nuova, addirittura sconvolgente per loro.
Colui di cui parla l'universo, il Dio che sostiene il tutto e lo porta
in mano - Egli stesso era entrato nella storia degli uomini, era
diventato uno che agisce e soffre nella storia.
Dal gioioso turbamento suscitato da questo evento inconcepibile, da
questa seconda e nuova maniera in cui Dio si era manifestato - dicono i
Padri - era nato un canto nuovo, una strofa del quale il Vangelo di
Natale ha conservato per noi:
"Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini".
Possiamo forse dire che, secondo la struttura della poesia
ebraica, questo doppio versetto nei suoi due brani dice in fondo la
stessa cosa, ma da un punto di vista diverso.
La gloria di Dio è nell'alto dei cieli, ma questa altezza di Dio si
trova ora nella stalla, ciò che era basso è diventato sublime.
La sua gloria è sulla terra, è la gloria dell'umiltà e dell'amore.
E ancora: la gloria di Dio è la pace. Dove c'è Lui, là c'è pace.
Egli è là dove gli uomini non vogliono fare in modo autonomo della terra
il paradiso, servendosi a tal fine della violenza.
Egli è con le persone dal cuore vigilante; con gli umili e con coloro
che corrispondono alla sua elevatezza, all'elevatezza dell'umiltà e
dell'amore. A questi dona la sua pace, perché per loro mezzo la pace
entri in questo mondo.
Il teologo medioevale Guglielmo di S. Thierry ha detto una volta: Dio -
a partire da Adamo - ha visto che la sua grandezza provocava nell'uomo
resistenza; che l'uomo si sente limitato nel suo essere se stesso e
minacciato nella sua libertà. Pertanto Dio ha scelto una via nuova.
È diventato un Bambino. Si è reso dipendente e debole, bisognoso del
nostro amore. Ora - ci dice quel Dio che si è fatto Bambino - non potete
più aver paura di me, ormai potete soltanto amarmi.
Con tali pensieri ci avviciniamo in questa notte al Bambino di Betlemme
- a quel Dio che per noi ha voluto farsi bambino.
Su ogni bambino c'è il riverbero del bambino di Betlemme.
Ogni bambino chiede il nostro amore.
Pensiamo pertanto in questa notte in modo particolare anche a quei
bambini ai quali è rifiutato l'amore dei genitori. Ai bambini di strada
che non hanno il dono di un focolare domestico. Ai bambini che vengono
brutalmente usati come soldati e resi strumenti della violenza, invece
di poter essere portatori della riconciliazione e della pace.
Ai bambini che mediante l'industria della pornografia e di tutte le
altre forme abominevoli di abuso vengono feriti fin nel profondo della
loro anima.
Il Bambino di Betlemme è un nuovo appello rivolto a noi, di fare tutto
il possibile affinché finisca la tribolazione di questi bambini; di fare
tutto il possibile affinché la luce di Betlemme tocchi i cuori degli
uomini. Soltanto attraverso la conversione dei cuori, soltanto
attraverso un cambiamento nell'intimo dell'uomo può essere superata la
causa di tutto questo male, può essere vinto il potere del maligno.
Solo se cambiano gli uomini, cambia il mondo e, per cambiare, gli uomini
hanno bisogno della luce proveniente da Dio, di quella luce che in modo
così inaspettato è entrata nella nostra notte.
E parlando del Bambino di Betlemme pensiamo anche alla località che
risponde al nome di Betlemme; pensiamo a quel Paese in cui Gesù ha
vissuto e che Egli ha amato profondamente.
E preghiamo affinché lì si crei la pace. Che cessino l'odio e la
violenza. Che si desti la comprensione reciproca, si realizzi
un'apertura dei cuori che apra le frontiere. Che scenda la pace di cui
hanno cantato gli angeli in quella notte.
.....
La venuta di Dio a Betlemme fu silenziosa. Soltanto i pastori che
vegliavano furono per un momento avvolti nello splendore luminoso del
suo arrivo e poterono ascoltare una parte di quel canto nuovo che era
nato dalla meraviglia e dalla gioia degli angeli per la venuta di Dio.
Questo venire silenzioso della gloria di Dio continua attraverso i
secoli. Là dove c'è la fede, dove la sua parola viene annunciata ed
ascoltata, Dio raduna gli uomini e si dona loro nel suo Corpo, li
trasforma nel suo Corpo. Egli "viene".
E così si desta il cuore degli uomini. Il canto nuovo degli angeli
diventa canto degli uomini che, attraverso tutti i secoli in modo sempre
nuovo, cantano la venuta di Dio come bambino e, a partire dal loro
intimo, diventano lieti.
....
mondo intero nella Messa di mezzanotte di Natale.
Ho pensato male? Prima di rispondere aspettate e leggete!
Io vi ho trovato le più esaurienti risposte a tanti vostri interventi.
Lo so, non è facile leggere e capire in tutta la sua profondità
un'omelia tanto importante, ma sono certa che almeno qualche briciola
della sapienza del nostro Papa possiamo averla tutti.
Io cercherò di snellire qua e là almeno un po'.
Voi, se potete, leggete con almeno un po' con attenzione.
Sempre con lo stesso affetto in Gesù e nella sua e nostra Madre. Lori
---------------
<<"Chi è pari al Signore nostro Dio che siede nell'alto e si china a
guardare nei cieli e sulla terra?"
Così canta Israele in uno dei suoi Salmi (113 [112], 5s), in cui esalta
insieme la grandezza di Dio e la sua benevola vicinanza agli uomini.
Dio dimora nell'alto, ma si china verso il basso.
Dio è immensamente grande e di gran lunga al di sopra di noi.
È questa la prima esperienza dell'uomo. La distanza sembra infinita.
Il Creatore dell'universo, Colui che guida il tutto, è molto lontano da
noi: così sembra inizialmente.
Ma poi viene l'esperienza sorprendente: Colui al quale nessuno è pari,
che "siede nell'alto", Questi guarda verso il basso. Si china in giù.
Egli vede noi e vede me. Questo guardare in giù di Dio è più di uno
sguardo dall'alto. Il guardare di Dio è un agire. Il fatto che Egli mi
vede, mi guarda, trasforma me e il mondo intorno a me.
Così il Salmo continua immediatamente: "Solleva l'indigente dalla
polvere." Con il suo guardare in giù Egli mi solleva, benevolmente mi
prende per mano e mi aiuta a salire, proprio io, dal basso verso l'alto.
"Dio si china". Questa parola è una parola profetica.
Nella notte di Betlemme, essa ha acquistato un significato
completamente nuovo. Il chinarsi di Dio ha assunto un realismo inaudito
e prima inimmaginabile. Egli si china - viene, proprio Lui, come bimbo
giù fin nella miseria della stalla, simbolo di ogni necessità e stato di
abbandono degli uomini. Dio scende realmente. Diventa un bambino e si
mette nella condizione di dipendenza totale che è propria di un essere
umano appena nato. Il Creatore che tutto tiene nelle sue mani, dal quale
noi tutti dipendiamo, si fa piccolo e bisognoso dell'amore umano.
Dio è nella stalla.
Nell'Antico Testamento il tempio era considerato quasi come lo sgabello
dei piedi di Dio; l'arca sacra come il luogo in cui Egli, in modo
misterioso, era presente in mezzo agli uomini. Così si sapeva che sopra
il tempio, nascostamente, stava la nube della gloria di Dio.
Ora essa sta sopra la stalla.
Dio è nella nube della miseria di un bimbo senza albergo: che nube
impenetrabile e tuttavia - nube della gloria!
In che modo, infatti, la sua predilezione per l'uomo, la sua
preoccupazione per lui potrebbe apparire più grande e più pura?
La nube del nascondimento, della povertà del bambino totalmente
bisognoso dell'amore, è allo stesso tempo la nube della gloria.
Perché niente può essere più sublime, più grande dell'amore che in
questa maniera si china, discende, si rende dipendente.
La gloria del vero Dio diventa visibile quando ci si aprono gli occhi
del cuore davanti alla stalla di Betlemme.
Il racconto del Natale secondo san Luca... ci narra che Dio ha un po'
sollevato il velo del suo nascondimento dapprima davanti a persone di
condizione molto bassa, davanti a persone che nella grande società erano
piuttosto disprezzate: davanti ai pastori che nei campi intorno a
Betlemme facevano la guardia agli animali.
Luca ci dice che queste persone "vegliavano"....
Erano persone veramente vigilanti, nelle quali il senso di Dio e della
sua vicinanza era vivo. Persone che erano in attesa di Dio e non si
rassegnavano all'apparente lontananza di Lui nella vita di ogni giorno.
Ad un cuore vigilante può essere rivolto il messaggio della grande
gioia: in questa notte è nato per voi il Salvatore.
Solo il cuore vigilante è capace di credere al messaggio.
Solo il cuore vigilante può infondere il coraggio di incamminarsi per
trovare Dio nelle condizioni di un bambino nella stalla.
Preghiamo il Signore affinché aiuti anche noi a diventare persone vigilanti.
San Luca ci racconta inoltre che i pastori stessi erano "avvolti" dalla
gloria di Dio, dalla nube di luce, si trovavano nell'intimo splendore di
questa gloria. Avvolti dalla nube santa ascoltano il canto di lode degli
angeli: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini
della sua benevolenza".
E chi sono questi uomini della sua benevolenza se non i piccoli, i
vigilanti, quelli che sono in attesa, sperano nella bontà di Dio e lo
cercano guardando verso di Lui da lontano?
Nei Padri della Chiesa si può trovare un commento sorprendente circa il
canto con cui gli angeli salutano il Redentore. Fino a quel momento -
dicono i Padri - gli angeli avevano conosciuto Dio nella grandezza
dell'universo, nella logica e nella bellezza del cosmo che provengono da
Lui e Lo rispecchiano. Avevano accolto, per così dire, il muto canto di
lode della creazione e l'avevano trasformato in musica del cielo.
Ma ora era accaduta una cosa nuova, addirittura sconvolgente per loro.
Colui di cui parla l'universo, il Dio che sostiene il tutto e lo porta
in mano - Egli stesso era entrato nella storia degli uomini, era
diventato uno che agisce e soffre nella storia.
Dal gioioso turbamento suscitato da questo evento inconcepibile, da
questa seconda e nuova maniera in cui Dio si era manifestato - dicono i
Padri - era nato un canto nuovo, una strofa del quale il Vangelo di
Natale ha conservato per noi:
"Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini".
Possiamo forse dire che, secondo la struttura della poesia
ebraica, questo doppio versetto nei suoi due brani dice in fondo la
stessa cosa, ma da un punto di vista diverso.
La gloria di Dio è nell'alto dei cieli, ma questa altezza di Dio si
trova ora nella stalla, ciò che era basso è diventato sublime.
La sua gloria è sulla terra, è la gloria dell'umiltà e dell'amore.
E ancora: la gloria di Dio è la pace. Dove c'è Lui, là c'è pace.
Egli è là dove gli uomini non vogliono fare in modo autonomo della terra
il paradiso, servendosi a tal fine della violenza.
Egli è con le persone dal cuore vigilante; con gli umili e con coloro
che corrispondono alla sua elevatezza, all'elevatezza dell'umiltà e
dell'amore. A questi dona la sua pace, perché per loro mezzo la pace
entri in questo mondo.
Il teologo medioevale Guglielmo di S. Thierry ha detto una volta: Dio -
a partire da Adamo - ha visto che la sua grandezza provocava nell'uomo
resistenza; che l'uomo si sente limitato nel suo essere se stesso e
minacciato nella sua libertà. Pertanto Dio ha scelto una via nuova.
È diventato un Bambino. Si è reso dipendente e debole, bisognoso del
nostro amore. Ora - ci dice quel Dio che si è fatto Bambino - non potete
più aver paura di me, ormai potete soltanto amarmi.
Con tali pensieri ci avviciniamo in questa notte al Bambino di Betlemme
- a quel Dio che per noi ha voluto farsi bambino.
Su ogni bambino c'è il riverbero del bambino di Betlemme.
Ogni bambino chiede il nostro amore.
Pensiamo pertanto in questa notte in modo particolare anche a quei
bambini ai quali è rifiutato l'amore dei genitori. Ai bambini di strada
che non hanno il dono di un focolare domestico. Ai bambini che vengono
brutalmente usati come soldati e resi strumenti della violenza, invece
di poter essere portatori della riconciliazione e della pace.
Ai bambini che mediante l'industria della pornografia e di tutte le
altre forme abominevoli di abuso vengono feriti fin nel profondo della
loro anima.
Il Bambino di Betlemme è un nuovo appello rivolto a noi, di fare tutto
il possibile affinché finisca la tribolazione di questi bambini; di fare
tutto il possibile affinché la luce di Betlemme tocchi i cuori degli
uomini. Soltanto attraverso la conversione dei cuori, soltanto
attraverso un cambiamento nell'intimo dell'uomo può essere superata la
causa di tutto questo male, può essere vinto il potere del maligno.
Solo se cambiano gli uomini, cambia il mondo e, per cambiare, gli uomini
hanno bisogno della luce proveniente da Dio, di quella luce che in modo
così inaspettato è entrata nella nostra notte.
E parlando del Bambino di Betlemme pensiamo anche alla località che
risponde al nome di Betlemme; pensiamo a quel Paese in cui Gesù ha
vissuto e che Egli ha amato profondamente.
E preghiamo affinché lì si crei la pace. Che cessino l'odio e la
violenza. Che si desti la comprensione reciproca, si realizzi
un'apertura dei cuori che apra le frontiere. Che scenda la pace di cui
hanno cantato gli angeli in quella notte.
.....
La venuta di Dio a Betlemme fu silenziosa. Soltanto i pastori che
vegliavano furono per un momento avvolti nello splendore luminoso del
suo arrivo e poterono ascoltare una parte di quel canto nuovo che era
nato dalla meraviglia e dalla gioia degli angeli per la venuta di Dio.
Questo venire silenzioso della gloria di Dio continua attraverso i
secoli. Là dove c'è la fede, dove la sua parola viene annunciata ed
ascoltata, Dio raduna gli uomini e si dona loro nel suo Corpo, li
trasforma nel suo Corpo. Egli "viene".
E così si desta il cuore degli uomini. Il canto nuovo degli angeli
diventa canto degli uomini che, attraverso tutti i secoli in modo sempre
nuovo, cantano la venuta di Dio come bambino e, a partire dal loro
intimo, diventano lieti.
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