peppe
2004-10-15 06:37:32 UTC
da altra ML,
un post di supermario
IN NOME DI DIO CLEMENTE E MISERICORDIOSO
Alif, Lam, Mim ;
Allàh, non c'è dio all'infuori di Lui, il Vivente, l'Assoluto.
Ha fatto scendere su di te il Libro della verità, a conferma di ciò
che era prima di esso.
E fece scendere la Torah e l'Ingìl.
In precedenza, come guida per le genti.
( Al - Imran : 1 - 4 )
E' chiaro che un musulmano cominci sempre il proprio lavoro con la
Basala ( In nome di Dio Clemente e Misericordioso )
affinché Dio accetti ciò che segue.
Nel nostro caso, ho voluto sottolineare come il Corano riconosca
come fondamentale l'Ingil ( il Vangelo ).ecco spiegato
quindi, il mio interesse per il Vangelo in senso lato.
Nei Vangeli canonici, nella fattispecie, si possono riscontrare tre
stadi nella genesi della redazione letteraria delle parole e dei
fatti di Gesù:
Il primo è quello che coincide con la vita storica di Gesù e dei
suoi discepoli, che vide il sorgere stesso dei fatti e delle parole;
Il secondo è quello della comunità primitiva, formatasi dopo la
Resurrezione e la Pentecoste, che raccolse, fissò e trasmise gli
insegnamenti e le opere del Maestro.
Il terzo è quello degli evangelisti che redassero definitivamente
per iscritto il materiale della tradizione evangelica, con metodo
corrispondente al fine che ciascuno si prefiggeva.
I Vangeli non sono biografie di Gesù e neppure il resoconto
circostanziato della sua vita: sono invece la presentazione del suo
messaggio e delle sue opere, fatta da discepoli che vivevano in
comunità missionarie e liturgiche. Vi sono buone ragioni per
ritenere che le ispettive culle siano state le Chiese di
Gerusalemme, di Roma, di Acaia e di Efeso secondo la traiettoria
della propaganda cristiana primitiva. Matteo si connette con
l'ambiente giudaico di Gerusalemme, Luca con quello dell'Ellade,
Giovanni con quello cosmopolita di Efeso, Marco con quello
universale di Roma.
Ma ora basta con i preliminari e veniamo al nostro argomento che
credo, per motivi di opportunità, dividerò in più
articoli. Tra gli uni e gli altri, saranno graditi i vostri
interventi e chi lo volesse, potrà anche chiedere di commentare un
determinato versetto : manterrò l'impegno con piacere.
IL VANGELO SECONDO MATTEO
Matteo è un nome che viene dall'aramaico Mattai, forma abbreviata
dell'ebraico Mattanyha che significa dono di Dio.. Il più noto
personaggio biblico è l'autore del primo Evangelo canonico.
Apostolo, chiamato direttamente da Gesù, Marco lo chiama anche Levi.
Era figlio di Alfeo. Era gabelliere di professione e venne chiamato
da Gesù proprio mentre stava davanti al banco delle imposte. Egli
rispose immediatamente all'invito di Gesù e anzi diede un banchetto
sia per onorare il nuovo Maestro, sia per dire addio alla
professione e agli amici che in essa aveva avuto.
Siccome egli esercitava la professione a Cafarnao, pare che fosse
alle dipendenze di Erode Antìpa, o almeno avesse preso in appalto i
dazi di quel territorio: non era certamente un funzionario romano.
Come gli altri tre, anche il Vangelo che si presenta col nome di
Matteo è in realtà anonimo. Non ha una firma, né una dichiarazione
di autenticità. Tra gli studiosi, c'è molta diversità di opinioni
per stabilire chi sia l'autore del testo, o, meglio, il "curatore
redazionale", il "redattore finale".
Eusebio di Cesarea cita, come testimonianza più antica, l'opinione
di Papia (+130 d.C.), vescovo di Gerapoli in Frigia, amico di
Policarpo e discepolo del presbitero Giovanni: "Matteo, in un
dialetto ebraico (= aramaico) coordinò gli insegnamenti (di Gesù);
ognuno poi li interpretava (=li traduceva?) come poteva" (Storia
Ecclesiastica, III-39).
Prima, quindi, dell'attuale testo greco, ci sarebbe stato un testo
aramaico di Matteo, l'apostolo. Questa opinione è confermata dal
Canone Muratoriano (175 d.C.), da Ireneo verso il 200 d.C. ("Matteo
compose il Vangelo per gli ebrei, nella loro lingua, mentre Pietro e
Paolo, a Roma, predicavano il Vangelo e fondavano la Chiesa."
Adv.haer. III, 1), e accolta da Cirillo di Gerusalemme, Epifanio,
Giovanni Crisostomo, Girolamo, Efrem Siro ed altri.
Tale tesi oggi non è più sostenuta. Non ci sono prove per le
affermazioni di Papia e di Ireneo. Non si può sostenere che
l'attuale testo greco sia la traduzione di un originale ebraico.
Nel 1553 fu trovato, presso gli ebrei di Roma, un testo ebraico del
Vangelo secondo Matteo, che oggi è conservato presso la biblioteca
di nazionale Parigi. Ma non risale oltre il XIV secolo.
Qualcuno identifica la citata raccolta di insegnamenti di Gesù in
aramaico, attribuita a Matteo, con la cosiddetta fonte Q, anonima,
cui avrebbero attinto, oltre al primo evangelista, anche Marco e
Luca.
Tralasciando le varie opinioni sulla questione sinottica, oggi si
preferisce affermare che sia Matteo sia Luca seguono lo stesso
schema di Marco, che quindi è più antico; e tutti, per gli
insegnamenti di Gesù, si rifanno alla fonte Q.
A chi si deve, dunque, la redazione attuale che noi possediamo?
Tenendo conto delle recenti teorie sulla "storia delle
forme", "storia delle tradizioni", "storia delle redazioni", si
conclude, da parte degli studiosi, che l'autore del testo potrebbe
essere un personaggio autorevole di un'antica comunità giudeo-
cristiana della diaspora palestinese o siriana. Forse un rabbino
convertitosi al cristianesimo come Paolo. Probabilmente, un giudeo
ellenista che appartiene alla seconda o terza generazione cristiana.
E' di lingua greca e cita l'Antico Testamento dalla versione greca
dei Settanta. Ha familiarità con la scrittura, attento
all'ermeneutica delle scuole del tempo. E' in contrasto con gli
insegnamenti della Torah, in polemica contro i farisei. Ha vedute
universalistiche della salvezza.
Una figura eminente della chiesa giudaico-cristiana. Un pastore
d'anime e insieme un teologo, preoccupato delle retta comprensione
del messaggio evangelico e della sua attuazione. Un moralista
attento, comprensivo, ma anche esigente, severo. Un maestro
spirituale che sembra non allentare mai la corda con i suoi
discepoli. E' sintetico, sbrigativo, va subito all'essenziale.
Matteo è il tipico uomo di Chiesa, preciso, categorico, cattedratico.
Ma un qualche rapporto deve pur averlo avuto, però, con l'apostolo
Matteo, se ne porta il nome.!
Si deve pensare che l'apostolo Matteo fosse molto noto alla comunità
del nostro primo Vangelo, forse come missionario. Se l'autore è
colui che narra della sua vocazione personale in 9,9, come mai
utilizza altre fonti? Segue, grosso modo, l'impostazione di Marco,
attinge alla fonte dei "loghia" e a sue tradizioni particolari
tramandate oralmente.
Necessità liturgiche, preoccupazioni catechetiche hanno forse spinto
l'autore a mettere insieme queste fonti in un'opera unica,
elaborandole, adattandole, modificandole, segnandole tutte col
marchio della propria personalità, mentalità, cultura.
Il primo Vangelo è certo opera di un'unica personalità.
La parola di Dio è destinata a tutti gli uomini: di ogni luogo e di
ogni tempo. Ma i testi scritti, ispirati, specie del Nuovo
Testamento, nascono, come sappiamo, da e per una comunità precisa e
per un contesto preciso di persone e di avvenimenti. Molto spesso
sono la risposta a problemi insorgenti, riguardanti la vita di fede
e della comunità. Per questo risultano differenziati e diversamente
qualificati.
La lettera di Paolo ai Romani ha contenuti diversi da quella a
Filemone; il testo di Matteo da quello di Luca. Il testo di Matteo
sembra essere prodotto da una comunità, anche più degli altri
sinottici.
Quale comunità? Quale l'ambiente vitale in cui nasce il testo? Quali
le caratteristiche del redattore finale?
E' ritenuta più probabile la collocazione della comunità di Matteo
nella fascia costiera siro-palestinese, in quell'ambiente dove
Damasco, Cesarea, Antiochia sono centri culturali rilevanti. Una
comunità, dunque, di giudeo-cristiani, oppure giudei della diaspora
convertiti. Forse principalmente residente ad Antiochia. Qui
infatti Pietro presiedette la comunità che gli riconosceva il
primato, qui vennero discusse le relazioni tra ebrei e greci
convertiti al cristianesimo, qui si analizzò il rapporto tra il
Vangelo e la legge. Pare che la comunità in cui Pietro fosse stato
presente fosse un comunità di poveri, di perseguitati dalla sinagoga
dopo una rottura ufficiale col giudaismo. Per questo il testo è
sempre in polemica con tutte le espressioni giudaiche della
Palestina e di Gerusalemme.
Forse è già una comunità cristiana in crisi: ci sono falsi profeti,
persone arroganti non disposte a perdonare. Altri sono intolleranti
verso i più deboli ai quali vorrebbero imporre il loro modo di agire
e di credere. C'è chi è talmente preso dalla novità di Gesù da
rifiutare tutto l'Antico. E c'è chi è talmente tradizionalista da
non riconoscere in Gesù nulla di nuovo rispetto all'antico.
Una comunità divisa, insomma, alla quale viene ricordato l'amore ai
nemici, l'essere perfetti come il Padre, una misericordia senza fine
e la necessità di essere miti e umili di cuore. Con la gioia e la
certezza che il Vangelo, la salvezza, il progetto divino sono per
tutti gli uomini che, attraverso la fede e il battesimo, possono
diventare discepoli di Cristo.
La tendenza di molte scuole tradizionali è di fissare la redazione
del testo (forse quello aramaico) di Matteo verso il 60 d.C.. Era
infatti considerato lo scritto evangelico più antico, il primo, il
più vicino a Gesù. La tendenza generale degli studi più recenti è di
situare la redazione finale del testo nel ventennio tra il 70 ed il
90 d.C. dopo la distruzione di Gerusalemme e prima del 110 d.C.; è
il tempo della Didachè e di Ignazio di Antiochia, che conoscono le
espressioni di Matteo.
E' l'epoca della seconda e terza generazione dei discepoli di Gesù,
che parlano il greco anche se sono di formazione giudaica. E'
l'epoca del convegno di Jamnia, città palestinese che, dopo la
caduta di Gerusalemme divenne il centro dell'ebraismo con
l'accademia di Tannaita, la ristrutturazione delle Sinagoghe della
diaspora, il potere ai farisei e la ripresa del testo ebraico della
Bibbia, rifiutando la traduzione dei Settanta allora in uso.
La comunità di Matteo si scontra violentemente contro il giudaismo
della restaurazione giuridico-tradizionale, del rabbinato, come
unica espressione della fede tradizionale.
Per Matteo, l'antico Israele è finito, eliminato, condannato. E'
nato il nuovo Israele: la Chiesa. La Pasqua ebraica non è neppure
nominata. E' solo "il giorno seguente, quello successivo alla
Parasceve" (Mt 27,62). E' il giorno dopo.il giorno prima. Peggio di
così!
PECULIARITA'
E' l'aspetto caratteristico di ogni scrittore. Nell'opera di Matteo
è possibile cogliere il messaggio solo chiarendone il linguaggio,
che è personalissimo.
Ben lontano dall'essere uno scrittore ingenuo o un semplice
raccoglitore di antiche cronache, Matteo è uno scrittore lucido che
persegue uno scopo preciso. Individuare tale scopo è dunque
fondamentale per intendere il testo. Egli non pensa a sé e neppure
ai posteri, ma al presente, ai fratelli di fede con cui vive. E sono
fratelli che provengono da una fede e da una mentalità ebraica. Il
riferimento alle Antiche Scritture è dunque necessario.
Vediamo come lo dimostra, con alcuni esempi.
A ) - USO SIMBOLICO DEI NUMERI
UNO : riguarda solo Dio
DUE : E' l'errore, il peccato, il male dell'uomo:
due gli indemoniati guariti (8,28)
due i ciechi (9,27; 20.30)
due i falsi testimoni (6,61)
due i discepoli che vogliono seguirlo (8,18)
TRE : E' la vita dell'uomo:
le tentazioni (4,1-11)
le preghiere nel Getsemani (26, 39-44)
i rinnegamenti di Pietro (26, 69-75)
le pratiche religiose (6,1-18)
le erbe e le virtù (23,23)
le serie di quattordici generazioni (1,1-17)
QUATTRO : L'universo ( i quattro punti cardinali)
SETTE : La completezza, la perfezione , la storia umana:
le domande del Padre Nostro (6, 9-13)
le parabole del Regno (13, 1-52)
i demoni della parabola (12,45)
le maledizioni ai farisei (23, 13-32)
i pani e le ceste della moltiplicazione (15, 34-37)
la perfezione del perdono (18,22)
i sette fratelli mariti di una sola moglie (22,25)
DIECI: (=unità) Saggezza e stoltezza:
le vergini alle nozze (25,1-13)
DODICI : (=unità) Segno della comunità unita:
elezione e invio degli apostoli (10, 1-4)
B) - ESPRESSIONI DEL MONDO EBRAICO
"regno dei cieli", invece di Regno di Dio
"legare e sciogliere", nel senso di vietare e permettere
"giogo della legge", per autorità della Legge
"città santa", per indicare Gerusalemme
"condanna alla geenna", cioè all'inferno
"la legge e i profeti," per significare l'Antico Testamento
"carne e sangue", per dire l'uomo
"consumazione del secolo", cioè fine del tempo, del mondo
"casa di Israele" è il popolo di Israele
"padre celeste" è Dio
"cani e porci" sono i pagani, le persone fuori dalla comunità
"questo è il mio corpo . questo è il mio sangue" dicono
semplicemente "questo sono io".
C ) - CITAZIONI DALL'ANTICO TESTAMENTO
Si sono contati, nel Vangelo di Matteo, circa 130 passi in cui si fa
riferimento ai testi dell'Antico Testamento. Di questi, 66 sono
effettive citazioni (il doppio di queste se ne trovano in Marco e
Luca) e 43 sono quasi letterali.
Il tutto per dimostrare che Gesù è il Messia atteso e che in lui si
realizzano, sono portate a compimento le scritture: egli è il
compimento.
Matteo ha un metodo di approccio alla scritture completamente
diversa da quello dei rabbini che facevano "interpretazione di
scuola", cioè opinioni personali e con valore morale e sociale.
Dieci citazioni sono chiamate "citazioni di compimento", Perché ne
specificano il significato profetico (cfr. per es. 1,22; 2,15; 21,4).
Alcune citazioni possono apparire forzate. Occorre allora ricordare
che la Chiesa primitiva considerava le scritture come proprio
documento dove tutto acquistava significato alla luce di Cristo e
del suo messaggio.
Alcune citazioni sono dalla traduzione dei settanta, altre dal testo
ebraico, altre dal Targum (versione aramaica) altre ancora sono solo
approssimative, adottate dallo scrittore per i suoi fini. Capita
spesso ai predicatori e ai catechisti.
E' intenzione chiara ed esplicita di Matteo spiegare e attuare la
Parola antica (cfr. 5,25-48; 13,52; 19, 1-12) sapendo di parlare a
chi già la conosce.
Domani parleremo della struttura di questo Vangelo.
un post di supermario
IN NOME DI DIO CLEMENTE E MISERICORDIOSO
Alif, Lam, Mim ;
Allàh, non c'è dio all'infuori di Lui, il Vivente, l'Assoluto.
Ha fatto scendere su di te il Libro della verità, a conferma di ciò
che era prima di esso.
E fece scendere la Torah e l'Ingìl.
In precedenza, come guida per le genti.
( Al - Imran : 1 - 4 )
E' chiaro che un musulmano cominci sempre il proprio lavoro con la
Basala ( In nome di Dio Clemente e Misericordioso )
affinché Dio accetti ciò che segue.
Nel nostro caso, ho voluto sottolineare come il Corano riconosca
come fondamentale l'Ingil ( il Vangelo ).ecco spiegato
quindi, il mio interesse per il Vangelo in senso lato.
Nei Vangeli canonici, nella fattispecie, si possono riscontrare tre
stadi nella genesi della redazione letteraria delle parole e dei
fatti di Gesù:
Il primo è quello che coincide con la vita storica di Gesù e dei
suoi discepoli, che vide il sorgere stesso dei fatti e delle parole;
Il secondo è quello della comunità primitiva, formatasi dopo la
Resurrezione e la Pentecoste, che raccolse, fissò e trasmise gli
insegnamenti e le opere del Maestro.
Il terzo è quello degli evangelisti che redassero definitivamente
per iscritto il materiale della tradizione evangelica, con metodo
corrispondente al fine che ciascuno si prefiggeva.
I Vangeli non sono biografie di Gesù e neppure il resoconto
circostanziato della sua vita: sono invece la presentazione del suo
messaggio e delle sue opere, fatta da discepoli che vivevano in
comunità missionarie e liturgiche. Vi sono buone ragioni per
ritenere che le ispettive culle siano state le Chiese di
Gerusalemme, di Roma, di Acaia e di Efeso secondo la traiettoria
della propaganda cristiana primitiva. Matteo si connette con
l'ambiente giudaico di Gerusalemme, Luca con quello dell'Ellade,
Giovanni con quello cosmopolita di Efeso, Marco con quello
universale di Roma.
Ma ora basta con i preliminari e veniamo al nostro argomento che
credo, per motivi di opportunità, dividerò in più
articoli. Tra gli uni e gli altri, saranno graditi i vostri
interventi e chi lo volesse, potrà anche chiedere di commentare un
determinato versetto : manterrò l'impegno con piacere.
IL VANGELO SECONDO MATTEO
Matteo è un nome che viene dall'aramaico Mattai, forma abbreviata
dell'ebraico Mattanyha che significa dono di Dio.. Il più noto
personaggio biblico è l'autore del primo Evangelo canonico.
Apostolo, chiamato direttamente da Gesù, Marco lo chiama anche Levi.
Era figlio di Alfeo. Era gabelliere di professione e venne chiamato
da Gesù proprio mentre stava davanti al banco delle imposte. Egli
rispose immediatamente all'invito di Gesù e anzi diede un banchetto
sia per onorare il nuovo Maestro, sia per dire addio alla
professione e agli amici che in essa aveva avuto.
Siccome egli esercitava la professione a Cafarnao, pare che fosse
alle dipendenze di Erode Antìpa, o almeno avesse preso in appalto i
dazi di quel territorio: non era certamente un funzionario romano.
Come gli altri tre, anche il Vangelo che si presenta col nome di
Matteo è in realtà anonimo. Non ha una firma, né una dichiarazione
di autenticità. Tra gli studiosi, c'è molta diversità di opinioni
per stabilire chi sia l'autore del testo, o, meglio, il "curatore
redazionale", il "redattore finale".
Eusebio di Cesarea cita, come testimonianza più antica, l'opinione
di Papia (+130 d.C.), vescovo di Gerapoli in Frigia, amico di
Policarpo e discepolo del presbitero Giovanni: "Matteo, in un
dialetto ebraico (= aramaico) coordinò gli insegnamenti (di Gesù);
ognuno poi li interpretava (=li traduceva?) come poteva" (Storia
Ecclesiastica, III-39).
Prima, quindi, dell'attuale testo greco, ci sarebbe stato un testo
aramaico di Matteo, l'apostolo. Questa opinione è confermata dal
Canone Muratoriano (175 d.C.), da Ireneo verso il 200 d.C. ("Matteo
compose il Vangelo per gli ebrei, nella loro lingua, mentre Pietro e
Paolo, a Roma, predicavano il Vangelo e fondavano la Chiesa."
Adv.haer. III, 1), e accolta da Cirillo di Gerusalemme, Epifanio,
Giovanni Crisostomo, Girolamo, Efrem Siro ed altri.
Tale tesi oggi non è più sostenuta. Non ci sono prove per le
affermazioni di Papia e di Ireneo. Non si può sostenere che
l'attuale testo greco sia la traduzione di un originale ebraico.
Nel 1553 fu trovato, presso gli ebrei di Roma, un testo ebraico del
Vangelo secondo Matteo, che oggi è conservato presso la biblioteca
di nazionale Parigi. Ma non risale oltre il XIV secolo.
Qualcuno identifica la citata raccolta di insegnamenti di Gesù in
aramaico, attribuita a Matteo, con la cosiddetta fonte Q, anonima,
cui avrebbero attinto, oltre al primo evangelista, anche Marco e
Luca.
Tralasciando le varie opinioni sulla questione sinottica, oggi si
preferisce affermare che sia Matteo sia Luca seguono lo stesso
schema di Marco, che quindi è più antico; e tutti, per gli
insegnamenti di Gesù, si rifanno alla fonte Q.
A chi si deve, dunque, la redazione attuale che noi possediamo?
Tenendo conto delle recenti teorie sulla "storia delle
forme", "storia delle tradizioni", "storia delle redazioni", si
conclude, da parte degli studiosi, che l'autore del testo potrebbe
essere un personaggio autorevole di un'antica comunità giudeo-
cristiana della diaspora palestinese o siriana. Forse un rabbino
convertitosi al cristianesimo come Paolo. Probabilmente, un giudeo
ellenista che appartiene alla seconda o terza generazione cristiana.
E' di lingua greca e cita l'Antico Testamento dalla versione greca
dei Settanta. Ha familiarità con la scrittura, attento
all'ermeneutica delle scuole del tempo. E' in contrasto con gli
insegnamenti della Torah, in polemica contro i farisei. Ha vedute
universalistiche della salvezza.
Una figura eminente della chiesa giudaico-cristiana. Un pastore
d'anime e insieme un teologo, preoccupato delle retta comprensione
del messaggio evangelico e della sua attuazione. Un moralista
attento, comprensivo, ma anche esigente, severo. Un maestro
spirituale che sembra non allentare mai la corda con i suoi
discepoli. E' sintetico, sbrigativo, va subito all'essenziale.
Matteo è il tipico uomo di Chiesa, preciso, categorico, cattedratico.
Ma un qualche rapporto deve pur averlo avuto, però, con l'apostolo
Matteo, se ne porta il nome.!
Si deve pensare che l'apostolo Matteo fosse molto noto alla comunità
del nostro primo Vangelo, forse come missionario. Se l'autore è
colui che narra della sua vocazione personale in 9,9, come mai
utilizza altre fonti? Segue, grosso modo, l'impostazione di Marco,
attinge alla fonte dei "loghia" e a sue tradizioni particolari
tramandate oralmente.
Necessità liturgiche, preoccupazioni catechetiche hanno forse spinto
l'autore a mettere insieme queste fonti in un'opera unica,
elaborandole, adattandole, modificandole, segnandole tutte col
marchio della propria personalità, mentalità, cultura.
Il primo Vangelo è certo opera di un'unica personalità.
La parola di Dio è destinata a tutti gli uomini: di ogni luogo e di
ogni tempo. Ma i testi scritti, ispirati, specie del Nuovo
Testamento, nascono, come sappiamo, da e per una comunità precisa e
per un contesto preciso di persone e di avvenimenti. Molto spesso
sono la risposta a problemi insorgenti, riguardanti la vita di fede
e della comunità. Per questo risultano differenziati e diversamente
qualificati.
La lettera di Paolo ai Romani ha contenuti diversi da quella a
Filemone; il testo di Matteo da quello di Luca. Il testo di Matteo
sembra essere prodotto da una comunità, anche più degli altri
sinottici.
Quale comunità? Quale l'ambiente vitale in cui nasce il testo? Quali
le caratteristiche del redattore finale?
E' ritenuta più probabile la collocazione della comunità di Matteo
nella fascia costiera siro-palestinese, in quell'ambiente dove
Damasco, Cesarea, Antiochia sono centri culturali rilevanti. Una
comunità, dunque, di giudeo-cristiani, oppure giudei della diaspora
convertiti. Forse principalmente residente ad Antiochia. Qui
infatti Pietro presiedette la comunità che gli riconosceva il
primato, qui vennero discusse le relazioni tra ebrei e greci
convertiti al cristianesimo, qui si analizzò il rapporto tra il
Vangelo e la legge. Pare che la comunità in cui Pietro fosse stato
presente fosse un comunità di poveri, di perseguitati dalla sinagoga
dopo una rottura ufficiale col giudaismo. Per questo il testo è
sempre in polemica con tutte le espressioni giudaiche della
Palestina e di Gerusalemme.
Forse è già una comunità cristiana in crisi: ci sono falsi profeti,
persone arroganti non disposte a perdonare. Altri sono intolleranti
verso i più deboli ai quali vorrebbero imporre il loro modo di agire
e di credere. C'è chi è talmente preso dalla novità di Gesù da
rifiutare tutto l'Antico. E c'è chi è talmente tradizionalista da
non riconoscere in Gesù nulla di nuovo rispetto all'antico.
Una comunità divisa, insomma, alla quale viene ricordato l'amore ai
nemici, l'essere perfetti come il Padre, una misericordia senza fine
e la necessità di essere miti e umili di cuore. Con la gioia e la
certezza che il Vangelo, la salvezza, il progetto divino sono per
tutti gli uomini che, attraverso la fede e il battesimo, possono
diventare discepoli di Cristo.
La tendenza di molte scuole tradizionali è di fissare la redazione
del testo (forse quello aramaico) di Matteo verso il 60 d.C.. Era
infatti considerato lo scritto evangelico più antico, il primo, il
più vicino a Gesù. La tendenza generale degli studi più recenti è di
situare la redazione finale del testo nel ventennio tra il 70 ed il
90 d.C. dopo la distruzione di Gerusalemme e prima del 110 d.C.; è
il tempo della Didachè e di Ignazio di Antiochia, che conoscono le
espressioni di Matteo.
E' l'epoca della seconda e terza generazione dei discepoli di Gesù,
che parlano il greco anche se sono di formazione giudaica. E'
l'epoca del convegno di Jamnia, città palestinese che, dopo la
caduta di Gerusalemme divenne il centro dell'ebraismo con
l'accademia di Tannaita, la ristrutturazione delle Sinagoghe della
diaspora, il potere ai farisei e la ripresa del testo ebraico della
Bibbia, rifiutando la traduzione dei Settanta allora in uso.
La comunità di Matteo si scontra violentemente contro il giudaismo
della restaurazione giuridico-tradizionale, del rabbinato, come
unica espressione della fede tradizionale.
Per Matteo, l'antico Israele è finito, eliminato, condannato. E'
nato il nuovo Israele: la Chiesa. La Pasqua ebraica non è neppure
nominata. E' solo "il giorno seguente, quello successivo alla
Parasceve" (Mt 27,62). E' il giorno dopo.il giorno prima. Peggio di
così!
PECULIARITA'
E' l'aspetto caratteristico di ogni scrittore. Nell'opera di Matteo
è possibile cogliere il messaggio solo chiarendone il linguaggio,
che è personalissimo.
Ben lontano dall'essere uno scrittore ingenuo o un semplice
raccoglitore di antiche cronache, Matteo è uno scrittore lucido che
persegue uno scopo preciso. Individuare tale scopo è dunque
fondamentale per intendere il testo. Egli non pensa a sé e neppure
ai posteri, ma al presente, ai fratelli di fede con cui vive. E sono
fratelli che provengono da una fede e da una mentalità ebraica. Il
riferimento alle Antiche Scritture è dunque necessario.
Vediamo come lo dimostra, con alcuni esempi.
A ) - USO SIMBOLICO DEI NUMERI
UNO : riguarda solo Dio
DUE : E' l'errore, il peccato, il male dell'uomo:
due gli indemoniati guariti (8,28)
due i ciechi (9,27; 20.30)
due i falsi testimoni (6,61)
due i discepoli che vogliono seguirlo (8,18)
TRE : E' la vita dell'uomo:
le tentazioni (4,1-11)
le preghiere nel Getsemani (26, 39-44)
i rinnegamenti di Pietro (26, 69-75)
le pratiche religiose (6,1-18)
le erbe e le virtù (23,23)
le serie di quattordici generazioni (1,1-17)
QUATTRO : L'universo ( i quattro punti cardinali)
SETTE : La completezza, la perfezione , la storia umana:
le domande del Padre Nostro (6, 9-13)
le parabole del Regno (13, 1-52)
i demoni della parabola (12,45)
le maledizioni ai farisei (23, 13-32)
i pani e le ceste della moltiplicazione (15, 34-37)
la perfezione del perdono (18,22)
i sette fratelli mariti di una sola moglie (22,25)
DIECI: (=unità) Saggezza e stoltezza:
le vergini alle nozze (25,1-13)
DODICI : (=unità) Segno della comunità unita:
elezione e invio degli apostoli (10, 1-4)
B) - ESPRESSIONI DEL MONDO EBRAICO
"regno dei cieli", invece di Regno di Dio
"legare e sciogliere", nel senso di vietare e permettere
"giogo della legge", per autorità della Legge
"città santa", per indicare Gerusalemme
"condanna alla geenna", cioè all'inferno
"la legge e i profeti," per significare l'Antico Testamento
"carne e sangue", per dire l'uomo
"consumazione del secolo", cioè fine del tempo, del mondo
"casa di Israele" è il popolo di Israele
"padre celeste" è Dio
"cani e porci" sono i pagani, le persone fuori dalla comunità
"questo è il mio corpo . questo è il mio sangue" dicono
semplicemente "questo sono io".
C ) - CITAZIONI DALL'ANTICO TESTAMENTO
Si sono contati, nel Vangelo di Matteo, circa 130 passi in cui si fa
riferimento ai testi dell'Antico Testamento. Di questi, 66 sono
effettive citazioni (il doppio di queste se ne trovano in Marco e
Luca) e 43 sono quasi letterali.
Il tutto per dimostrare che Gesù è il Messia atteso e che in lui si
realizzano, sono portate a compimento le scritture: egli è il
compimento.
Matteo ha un metodo di approccio alla scritture completamente
diversa da quello dei rabbini che facevano "interpretazione di
scuola", cioè opinioni personali e con valore morale e sociale.
Dieci citazioni sono chiamate "citazioni di compimento", Perché ne
specificano il significato profetico (cfr. per es. 1,22; 2,15; 21,4).
Alcune citazioni possono apparire forzate. Occorre allora ricordare
che la Chiesa primitiva considerava le scritture come proprio
documento dove tutto acquistava significato alla luce di Cristo e
del suo messaggio.
Alcune citazioni sono dalla traduzione dei settanta, altre dal testo
ebraico, altre dal Targum (versione aramaica) altre ancora sono solo
approssimative, adottate dallo scrittore per i suoi fini. Capita
spesso ai predicatori e ai catechisti.
E' intenzione chiara ed esplicita di Matteo spiegare e attuare la
Parola antica (cfr. 5,25-48; 13,52; 19, 1-12) sapendo di parlare a
chi già la conosce.
Domani parleremo della struttura di questo Vangelo.
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peppe
"L'uomo è saggio finchè cerca la Verità;
quando però pretende di averla trovata,
diventa un folle".
Paul Winkler
peppe
"L'uomo è saggio finchè cerca la Verità;
quando però pretende di averla trovata,
diventa un folle".
Paul Winkler